Lo studio dei 368 nomi di persona sinora individuati nelle iscrizioni di Hatra permette di chiarire alcuni aspetti linguistici della varietà di aramaico parlata in questa città e nell’area circostante, oltre che a offrire importanti prove della ricchezza culturale di questa città. I nomi di persona, infatti, possono fornire un numero rilevante di dati linguistici, soprattutto nel caso in cui un corpus di iscrizioni sia lacunoso e pertanto non si disponga di un ampio campione di testi su cui compiere un’accurata analisi linguistica; oltre a ciò, altrettanto ricco è il contributo che lo studio dei nomi di persona può dare alla storia culturale, in quanto la presenza di un certo nome in un corpus costituisce la prova di un’influenza culturale esercitata in una certa misura.
Il quadro generale che si evince dall’onomastica di Hatra è piuttosto articolato. Oltre a un gruppo di nomi la cui origine non può essere determinata con precisione (62 nomi; 16,8% del totale), la maggior parte dei nomi attestati in queste iscrizioni è di origine aramaica (167; 45,4%). Questo dato non è sorprendente, se si pensa che nel suo momento di fioritura Hatra sorge in un’area in cui l’aramaico è lingua corrente da secoli: molti di questi nomi aramaici sono ben attestati già in epoca neo-assira, e hanno numerosi paralleli in corpora coevi quali quello palmireno e antico siriaco.
Il secondo gruppo è costituito da nomi considerati linguisticamente arabi (96 nomi; 26,1%), dimostrando così la coesistenza tra la comunità urbana e gruppi seminomadi. Questa tesi è rafforzata dai numerosi paralleli che si possono riscontrare tra i nomi arabi hatreni e i nomi afferenti al dialetto nordarabico safaitico, che è attestato epigraficamente tra Iraq e Levante tra il I e il IV secolo d. C. e che rispecchia una società seminomade fondata sulla pastorizia. Il profondo contatto tra queste due sfere culturali è testimoniato anche da nomi come ʽAwid-Iššar, “Colui che cerca rifugio in Iššar”, in cui il verbo arabo o nordarabico “cercare rifugio” è unito al nome della dea mesopotamica e semitico-occidentale/aramaica Iššar.
Un terzo gruppo, meno numeroso, è quello dei nomi iranici (29; 7,9%), di cui è interessante osservare la connessione con la famiglia reale. È possibile che l’utilizzo di nomi iranici, e più precisamente nomi usati dalla casa reale arsacide, sia funzionale a ribadire il legame che, in quest’epoca, sussiste tra i sovrani hatreni e il potere centrale arsacide.
Benché poco numerosi (7 nomi; 1,9%), i nomi accadici e aramaici ma di chiara ascendenza accadica rappresentano una presenza importante per valutare la continuità culturale tra l’antica Mesopotamia e Hatra. Alcuni nomi sono ben attestati in testi neo-assiri e neo- o tardo-babilonesi della seconda metà del I millennio a. C.; inoltre vi sono anche nomi aramaici perfettamente equivalenti a nomi accadici più antichi, come ad esempio l’aramaico Marhon e l’accadico Bēlšunu, “Il loro signore (è il dio …)”. È significativo notare anche come, su 368 nomi, 69 (18,8%) siano composti con un nome divino di derivazione mesopotamica. Tra questi, i nomi teofori composti col nome del dio solare Šamaš sono quelli più frequentemente attestati: Hatra è infatti la città del Sole. Altre divinità menzionate sono Adad, Aššur, Bēl, Iššar, Nabû, Nanaya, Nergal e Šalmān.
Infine, la presenza di alcuni nomi greci (7; 1,9%) indica il contatto con la cultura ellenistica anche in ambito onomastico, oppure può testimoniare la presenza di pellegrini o viaggiatori provenienti da zone in cui i nomi di persona greci sono in questo periodo più diffusi che a Hatra.
La vivacità degli scambi tra apporti culturali diversi è testimoniata anche a livello prosopografico, come emerge analizzando i rapporti familiari o professionali che intercorrono tra gli individui attestati nei testi. I dati tuttavia non vanno forzati: il fatto che una persona abbia un nome iranico non porta necessariamente a concludere che anche l’etnia di quell’individuo sia iranica; allo stesso modo, nella quasi totalità dei casi non si è in grado di stabilire se l’imposizione di un certo nome a un individuo possa derivare da mode, tradizioni familiari, o altresì dal gusto personale dei genitori.
A testimonianza del fatto che non si possa stabilire automaticamente un legame tra l’affiliazione linguistica di un nome e l’etnia di colui o colei che lo porta, vi sono famiglie in cui i membri di diverse generazioni portano nomi afferenti ad ambiti linguistici molto diversi tra loro. Nell’iscrizione H 20, la dedica di una statua, sono riportate tre generazioni della stessa famiglia: ʽAbd-Samya figlio di Wardan figlio di Šulay. Il figlio porta un nome aramaico, il padre un nome iranico, mentre il nonno un nome arabo. Lo stesso fenomeno è testimoniato dalle ultime tre generazioni della famiglia reale: la successione Sanaṭruq – ʽAbd-Samya – Sanaṭruq mostra l’alternanza dell’iranico Sanaṭruq e dell’aramaico ʽAbd-Samya.
Particolarmente interessante è il caso di H 145, un’altra dedica di statua, in cui è attestato un certo Bar-Kalba figlio di ʽAbd-Šamš, un sacerdote del dio Nergal. Il nome Bar-Kalba, “figlio del Cane”, può essere considerato teoforo in quanto il cane è l’animale sacro al dio Nergal e affianca il dio nella sua funzione ctonia in qualità di guardiano benevolo dell’oltretomba. Il fatto che il figlio di un sacerdote di Nergal porti un nome che richiama proprio il culto di questo dio non può essere una coincidenza: ʽAbd-Šamš sceglie di dare al figlio un nome che si leghi evidentemente al culto del dio di cui è sacerdote, dimostrando piena consapevolezza del significato del nome e probabilmente anche delle implicazioni sociali di questa scelta.
L’evidenza onomastica che si ricava dalle iscrizioni di Hatra offre quindi una vivida testimonianza della profonda interazione tra componenti culturali diverse che caratterizza questa città nel suo momento di splendore. La presenza di nomi afferenti ad ambiti linguistici e culturali differenti e la coesistenza in una stessa famiglia o persino in uno stesso nome di elementi di diversa provenienza culturale confermano il ruolo di Hatra quale vero e proprio crocevia di culture, dove tratti culturali diversi possono essere rielaborati fino a produrre risultati originali e innovativi rispetto alla tradizione precedente.